Lunedì 14 ottobre ci ha lasciati Domenico Rosati, storico Presidente nazionale delle Acli che è stato alla guida dell’Associazione dal 1976 al 1987, in anni cruciali perché facevano seguito a un periodo di forte crisi (le incomprensioni con la Chiesa, la scissione).

Rosati è stato protagonista del rilancio delle Acli segnato dalla tenuta organizzativa e dalla ritrovata sintonia con la Chiesa, negli anni ’80 durante il pontificato di Giovanni Paolo II. In quel periodo le Acli si definiscono “un movimento della società civile per la riforma della politica” che si muove lungo le direttrici della pace, della crescita del ruolo della società civile e della diffusione dei poteri.

Per il documentario sulla storia delle Acli realizzato in occasione dell’80 anniversario della fondazione, abbiamo avuto l’occasione e il privilegio di intervistare Domenico Rosati il quale, nel corso della conversazione ha rilevato che la crisi delle Acli era determinata soprattutto da un deficit di presenza esterna. “L’importante – ha poi sottolineato – è che siamo riusciti a preservare le Acli nella loro identità primaria, nel rapporto con le classi popolari e a ristabilire il rapporto con la Gerarchia ecclesiastica.

E il Presidente Rosati ha spiegato che per questi compiti “ci voleva molta pazienza, amore per il movimento e anche tensione morale che non mancò “e che portò a rilanciare le Acli mediante il dialogo con la società italiana, con le forze politiche e il sindacato. E naturalmente, la Chiesa.

Rosati ha anche ricordato come il rapporto con la gente veniva realizzato attraverso i Circoli attenti ai problemi di base della società “con l’ambizione di poter fare qualcosa di più, di inserirsi vita politica e sociale senza perdere l’ispirazione fondamentale quella del pensiero sociale cristiano”.

Rosati è stato leader prestigioso, senza mai porsi su un piedistallo. Il suo atteggiamento confidenziale, le doti umane che lo portavano a dialogare con tutti, in ogni contesto, sono sempre state il suo tratto distintivo. (Il suo interesse anche per i militanti più “periferici” lo attesta anche il fatto che quando lo ho intervistato si ricordava, a oltre cinquant’anni di distanza (!) che ero stato un giovane dirigente provinciale a Pisa, prima che a Firenze).

Le Acli le ha vissute a fondo e ne ha “plasmato” un carattere innovativo che le ha rese antesignane del nuovo ruolo di protagonista della società civile. Con l’ampiezza di vedute e la sensibilità dello storico, ha delineato nei suoi scritti a partire dal fondamentale saggio L’incudine e la croce l’evoluzione delle Acli e le nuove sfide che le attendevano, lasciando il testimone alle giovani generazioni.

Grazie, Domenico per tutto quello che ci hai insegnato con la tua capacità di analisi, di progettazione e soprattutto con il tuo   esempio.

Noi della Fap Acli siamo impegnati a conservare e a valorizzare la memoria di quanto ti sei adoperato per la crescita della nostra associazione.