Sabato 10 febbraio p.v. presso l’Hotel Minerva di Arezzo Via Fiorentina n 4 si terrà il Convegno “Il lavoro tra ingiustizie e disuguaglianze“ organizzato da Fap Acli regionale Toscana (Federazione Anziani e Pensionati) e da Fap Acli di Arezzo. Interverranno, tra gli altri, l’Assessore regionale Leonardo Marras, il Vice Presidente nazionale delle Acli Stefano Tassinari, il Segretario nazionale della Fap Acli Rosario Cavallo, Il Vice Segretario nazionale vicario Paolo Formelli, il Segretario regionale Luigi Fanciulli, la Vice Presidente regionale delle Acli Elena Pampana il Presidente delle Acli aretine Luigi Scatizzi.

Nel presentare l’iniziativa il Vice Segretario nazionale Vicario della Fap Acli Paolo Formelli ha rilevato anzitutto che “Senza diritti, senza lavoro e con più povertà la democrazia diventa più debole”.

Ed ha osservato che la FAP e le Acli sono cresciute nella percezione condivisa delle ingiustizie e nella consapevolezza che si possano combattere, agendo anche insieme a istituzioni finalizzate a orientare le loro politiche verso il benessere sociale.

Ritiene che non ci sia nulla di ineluttabile nelle disuguaglianze, e che viceversa “un’alternativa però può esistere, così come esistono le condizioni per trasformare i sentimenti di rabbia in qualcosa di propositivo capace di avviare una nuova stagione di emancipazione per accrescere la giustizia sociale”.

“Pertanto -sottolinea Formelli – ogni persona dovrebbe essere messa nella condizione di fare ciò a cui assegna un valore, senza compromettere le possibilità delle future generazioni di avere le stesse o maggiori libertà. Questo è il concetto di “pieno sviluppo della persona umana” espresso dalla Costituzione Italiana e al cui conseguimento essa indirizza l’azione della Repubblica, quindi di tutti noi. Questo concetto si integra con l’equità del processo attraverso cui otteniamo opportunità in piena libertà da ogni dipendenza o interferenza. Le disuguaglianze tra persone e territori, al contrario, sono il segno di questa fase storica in Italia”.

Il Vice Segretario nazionale della Fap Acli spiega, poi che le disuguaglianze dipendono sempre più dall’accesso e dall’uso della conoscenza e riguardano tutte le dimensioni del nostro vivere: quella economica e del lavoro, quella sociale e quella sanitaria, quella dell’informazione e quella della politica.

Formelli afferma che su questi molteplici piani si manifesta anche il riconoscimento della percezione di quanto i nostri valori e i nostri diritti siano riconosciuti o piuttosto trascurati o disprezzati. Di quanto i nostri bisogni e le nostre aspirazioni personali siano comprese o piuttosto ignorate.

La tendenza alla riduzione delle disuguaglianze è avvenuta verso la povertà e, di conseguenza, nel reddito sono cresciute le disparità di ricchezza, in modo non riconducibile ai meriti. Le retribuzioni si sono polarizzate e lo stesso è accaduto alle condizioni lavorative, producendo per molte lavoratrici e lavoratori un declino del senso di sé e del domani. Tutt’oggi persistono le disuguaglianze di genere e molte donne subiscono violenze economiche e fisiche che ne inibiscono l’autostima e la piena realizzazione di sé.

I ceti deboli avvertono maggiormente la preoccupazione di un peggioramento dei servizi essenziali legati alla salute, all’assistenza sociale, all’istruzione e alla mobilità nelle aree interne, nelle periferie e nei territori periferici.

Oggi la crisi economica e occupazionale richiede uno sforzo particolare, concentrato sul lavoro e sulle riforme che possono trovare sostegno e sviluppo. Questo sforzo deve essere concertato a ogni livello di interlocuzione, da quello locale a quello nazionale, e le associazioni sindacali e sociali devono essere pronte a fare la loro parte. La rappresentanza sindacale e sociale richiedere di essere rafforzata da uomini e donne con l’autorevolezza di rappresentare e di far percepire un’espressione autentica e riconosciuta.

È necessario contrastare la precarietà della persona che lavora, della persona con partita iva, del lavoratore autonomo e di tutti i lavoratori dei servizi sociali. I diritti, infatti, vengono spenti come luci intermittenti, a volta accese e altre volte spente. Occorre poi pensare ai diritti a tutela dei più deboli che rischiano tragicamente di essere esclusi dalla società, ed è anche urgente ripensare a un nuovo modo di fare economia restituendo innanzitutto più potere d’acquisto ai salari del lavoro e alle pensioni, rilanciando i consumi per favorire la ripresa del Pil e la creazione di nuovi posti di lavoro. Un primo inizio, per esempio può essere rappresentato dalla riduzione dei carichi fiscali sui redditi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.

Esiste un’alternativa

Un’alternativa e un avvenire di maggiore giustizia sociale sono possibili. Sono possibili con le nuove tecnologie dell’informazione e con l’attuale riduzione di distanza fra luoghi e persone. L’uso che ne è stato fatto ha finora prodotto una forte concentrazione di potere e altrettanto forti disuguaglianze, ma sta a noi invertire questa tendenza e accrescere così la giustizia sociale. Sta a noi far sì che avvenga prima di tutto a vantaggio di vulnerabili, penultimi e ultimi. Sono possibili tratteggiando un avvenire più giusto dove dietro a ogni minaccia per i ceti deboli si intraveda un’opportunità. Dietro la messa in discussione di valori e norme di vita da parte di globalizzazione e migrazione sta la possibilità di rigenerare valori grazie alla contaminazione reciproca di culture e norme, come ripetutamente accaduto nella nostra storia. Queste e altre opportunità configurano uno scenario di emancipazione sociale. Ma è uno scenario credibile? Servono idee e forza per aprire quegli spazi.

In secondo luogo, sono davanti a noi ben visibili le scelte errate del neoliberismo dell’ultimo trentennio responsabili dell’attuale stato delle cose, tra cui i tagli dei bilanci sulle spese per welfare, istruzione, cultura e investimenti. Per compensare i danni economici e sociali prodotti da tutto ciò con trasferimenti compensativi ai territori in difficoltà che hanno incentivato passività sono emerse posizioni di rendita e illegalità.

Accrescere il potere negoziale e di indirizzo del lavoro è un requisito irrinunciabile con una legge sul salario minimo, come esiste in Europa, per accrescere la giustizia sociale.

Richiede oggi la combinazione di antiche e nuove tutele e un rinnovato dialogo fra lavoro e cittadinanza attiva. Tutto questo è al cuore delle nostre proposte. Il passaggio generazionale, quando i giovani e le giovani iniziano a costruire un piano di vita, è il momento in cui al lascito del contesto familiare, sociale e educativo si aggiunge il lascito di ricchezza.