Una situazione da cambiare.

E’ stato riportato di recente il risultato di una ricerca dalla quale si apprende che

attualmente il 42% dei cittadini meno abbienti è costretto a rinunciare alle cure poichè, non

riuscendo ad ottenerle nell’ambito del sistema pubblico, non ha i mezzi per rivolgersi alla sanità

a pagamento.

(cfr. quanto riferisce l’agenzia Ansa del 27/3/2024 in: https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2024/03/27/litalia-rischia-una-sanita-per-censo-il-42-non-puo-curarsi ).

Il recente Rapporto “Ospedali e salute” redatto da Aiop (Associazione italiana ospedalità

privata) e Censis “lancia un segnale allarmante: anche le fasce più deboli sono spinte verso il

privato non avendo accesso al Ssn a causa, spesso, delle lunghe liste di attesa, e questo

provoca un ulteriore impoverimento di alcune categorie”.

Subito una notizia rilevante: da un sondaggio Censis emerge che il 47,7% degli utenti ha una

percezione positiva del Servizio sanitario della propria regione. Ma il 28,1% esprime invece un

giudizio di sufficienza e il 22,4% ritiene che il Ssr sia “insufficiente”.

Il rapporto segnala che uno dei problemi maggiori restano le lunghe liste di attesa. E di

conseguenza – sottolinea ancora il rapporto- negli ultimi 12 mesi, il 16,3% delle persone che

hanno avuto bisogno di rivolgersi ai servizi sanitari si è recato in un’altra regione, nell’ambito

delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario.

La motivazione più ricorrente della mobilità sono appunto la lunghezza delle liste di attesa nella

Regione di appartenenza come afferma il 31% di coloro che vanno in altre Regioni ma c’è

anche una quota del 34,9% che rinuncia e si rivolge alla sanità a pagamento (intesa come

privato puro e intramoenia).

 Si deve anche sottolineare che determinati esami medici servono per formulare una diagnosi.

Il prolungarsi dell’attesa di sapere se si è affetti da una patologia grave o se è stato solo un

falso allarme crea stress, inquietudine non solo nell’interessato ma anche a tutta la sua

famiglia. Quindi, occorrerebbe il massimo di tempestività.

Ma il dato più grave emerso nel 2023 riguarda quel 42% di pazienti con redditi più bassi, fino

a 15mila euro, che ha dovuto differire o rinunciare alle cure sanitarie perché proprio per i

tempi di attesa non possono accedere al Servizio sanitario nazionale e non possono

sostenere i costi della sanità a pagamento.

Ma c’è anche 36,9% degli italiani che ha invece rinunciato ad altre spese per sostenere quelle

sanitarie. Tra questi oltre 50% hanno redditi bassi ma ce ne sono molti anche tra coloro che

hanno maggiori entrate.

Alla presentazione del Rapporto, il Ministro della salute Schillaci, ha posto in rilievo anche che:

“Il 51% degli italiani si rivolge alla sanità privata direttamente, senza prima richiedere la

prestazione necessaria alla sanità pubblica: questa è una criticità e tale atteggiamento di

sfiducia, pur senza aver prima provato il Ssn, può essere conseguenza anche di una

rappresentazione di una sanità in crisi, ma non è sempre così”.

Un dato da tenere presente perché a quanto pare certe situazioni problematiche hanno

ingenerato un clima di sfiducia che deve essere superato attraverso interventi adeguati e

immediati.

il Ministro Orazio Schillaci ha indicato proprio l’abbattimento delle liste di attesa come una

“priorità del governo”, ricordando che sarà presto operativo “un piano accurato su questo”.

Adesso sento che sono stati stanziati fondi per risolvere le situazioni di criticità.

Speriamo che con l’arrivo di nuovi fondi e la situazione migliori. Il problema, peraltro, non

riguarda solo le liste di attesa.

Da tempo constato che molti farmaci si pagano a prezzo pieno. Ad esempio, anti influenzali,

antidolorifici, o attinenti a disturbi intestinali ecc. Non saranno salvavita ma sono pur sempre

medicine che servono a ristabilire la salute e dei quali è difficile fare a meno.

Inoltre ci sono “parafarmaci” per i quali non c’è nemmeno la detrazione del 19% e che tuttavia,

come certi integratori sono importanti.

Per non parlare di certe spese mediche più impegnative per le quali almeno per i redditi

medio-bassi si dovrebbe avere una detrazione fiscale maggiore del 19% in modo da renderle

realmente accessibili. Pensiamo a determinate protesi dentarie o a lenti oculistiche

progressive e via dicendo.

Insomma, occorrono più risorse pubbliche per consentire di curarsi adeguatamente. E per

evitare il rischio di una sanità ‘per censo’, Tant’è vero che il segretario generale del Censis

Giorgio De Rita ritiene necessaria una accelerazione “perché le tensioni sociali si stanno

accumulando e questo non è un lusso che ci possiamo permettere”, avverte.